Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

lunedì 14 marzo 2011

Perché serve una legge che chiarisca il fenomeno mobbing?

Per sei mesi una lavoratrice è stata sottoposta ad una lunga serie di vessazioni: dal trasferimento di sede, alla sottrazione di un progetto di rilevanza europeo sino alla collocazione in una stanza senza finestre, privata di una propria scrivania ed un proprio armadio. Il tutto condito dalle «battute grossolane» che la lavoratrice si sentiva ripetere dal suo capo «Mi hai rotto i cog…, hai capito brutta stro.. devi fare quello che ti dico io»; oppure rivolto a colleghi «E’ inutile che ti inginocchi davanti a lei tanto non te la da». Naturalmente in una situazione del genere, dinanzi a ripetute molestie morali, a tutela della propria dignità la lavoratrice chiese giustizia ed è evidente che si parli di MOBBING in quanto c’è tutto. In risposta il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello di Torino avevano dato parere negativo sostenendo che i sei mesi di vessazioni erano un tempo “non sufficiente a concretizzare il mobbing”.  La lavoratrice al fine di veder riconosciuti i propri sacrosanti diritti si rivolse alla Corte di Cassazione la quale ha sentenziato: (sentenza 22858/08) ” Se è vero, infatti, che il mobbing non può realizzarsi attraverso una condotta istantanea , è anche vero che il periodo di sei mesi è più che sufficiente per integrare l’ idoneità lesiva della condotta nel tempo.”  Da subito, a caratteri cubitali, appare sulla stampa la notizia: Cassazione, 6 mesi di vessazioni ed è mobbing Da subito lo sportello mobbing INAS CISL ha iniziato a ricevere domande del tipo se 5 mesi o 4 mesi ecc. possono considerarsi validi per il mobbing? Per avere una risposta valida è bene fare chiarezza, questa tipologia di comportamenti che definiamo mobbing cosa sono e causano esattamente?  Innanzi tutto il mobbing mira a calpestare la dignità del lavoratore e la sua professionalità; in secondo luogo la sofferenza che deriva può generare patologie dovute allo stress.  Va comunque evidenziato che ogni individuo di fronte ad un conflitto professionale lo vivrà secondo la propria attitudine a reagire, alla sua forza, alla sua resistenza, tuttavia più il conflitto si prolunga più tale resistenza diminuisce. Da cui si evince che la risposta alla forma di stress generata dal mobbing è soggettiva. Alcune persone lo sopportano senza problemi per tempi più o meno lunghi, mentre altre non ne tollerano la benché minima quantità.  Al fenomeno mobbing sono state date più definizioni una delle più valide è la seguente: “Il mobbing è comunemente definito come una forma di molestia o violenza psicologica esercitata quasi sempre con intenzionalità lesiva, ripetuta in modo iterativo, con modalità polimorfe; l’azione persecutoria è intrapresa per un periodo determinato, arbitrariamente stabilito in almeno sei mesi sulla base dei primi rilievi svedesi, ma con ampia variabilità dipendente dalle modalità di attuazione e dai tratti della personalità dei soggetti, con la finalità o la conseguenza dell’estromissione del soggetto da quel posto di lavoro. A tal proposito, sembra più opportuno parlare di “soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica” capace di indurre una condizione di mobbing, che è possibile esprimere come funzione di: (intensità della violenza) – (tempo di esposizione) – (tratti della personalità)” Mi sembra perciò abbastanza evidente che non può esistere un tempo predeterminato genericamente valido per ogni individuo per definire se un atteggiamento persecutorio può essere definito Mobbing. Infatti ad un lavoratore particolarmente sensibile, anche per sue problematiche personali, sottoposto ad una serie di soprusi e violenze morali tipiche del mobbing ripetute quotidianamente con intensità crescente per un mese come si può dire: ” resisti altri 5 mesi per far valere i tuoi diritti “; Praticamente lo si invita al suicidio. Per cui se pur vero che il mobbing non può essere definito “attraverso una condotta istantanea”, è anche vero che “l’idoneità lesiva” può svilupparsi in tempi enormemente inferiori ai sei mesi.  Aggiungo ancora che secondo altre “regole pasticciate” per essere mobbing l’ azione persecutoria deve essere subita quotidianamente e con continuità, così se il nostro esempio sta a casa malato per una settimana secondo dette regole al rientro in azienda si azzera tutto e deve iniziare nuovamente la “cura”. Per altro, come comunemente creduto, non occorrono certificazioni mediche che attestino patologie per dimostrare il mobbing, patologie che in individui particolarmente resistenti potrebbero non manifestarsi in quanto la condizione di mobbing è definita dalle molestie ripetute, non dalla patologia che ne può derivare in quanto variabile dipendente dall’ individuo. Per quanto affermato, e a chiarimento, l’assenza di patologie non compromette la tutela da mobbing, poiché sarà sufficiente dimostrare la lesione della dignità del lavoratore o della sua professionalità. Per questi motivi suggerisco di evitare di presentare al magistrato casi di mobbing, è preferibile denunciare le azioni che si stanno subendo evitando cosi di pagare per la mancanza di una legge dedicata. Ed è per quanto esposto che sento la mancanza e la necessità di tale legge che necessariamente dovrà scaturire da un gruppo di lavoro multidisciplinare costituito da politici, giuslavoristi, magistrati, psichiatri, psicologi, medici del lavoro, sociologi, sindacalisti e quant’ altri coinvolti nel problema in quanto il mobbing è un problema multidisciplinare, un grosso problema con cui assolutamente non dobbiamo continuare a convivere in nome di quel benessere sociale che tutti auspichiamo e per quella “salute e sicurezza sul lavoro” di cui è garante la Costituzione Italiana  Ed è in questo modo che leggo la sentenza di cassazione in cui i supremi giudici sentenziano sul caso specifico, tenendo presente che il tempo per determinare il mobbing è un procedimento complesso in cui è necessario considerare l’ambiente socio-culturale in cui il conflitto si svolge, le condizioni psicologiche del mobbizzato e lo specifico lavoro svolto, e non come un tempo ottimizzato ad uso generale per definire un atteggiamento persecutorio come mobbing. 

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