Vi ricordate di Giuditta? Beh, se andate a rileggere fra i primissimi post, la troverete come una protagonista della storia: la mia ex collega con cui avevo diviso gioie e dolori per diversi anni, fino al momento in cui fui fatto fuori dall'ufficio. Da quel momento in poi mi aveva voltato le spalle: mi evitava in ogni modo, non mi salutava più, nei confronti del mobber ostentava in ogni modo possibile il fatto che non avesse più alcun rapporto con me.
Preciso che comprendo benissimo questo comportamento. Se si ha a che fare con un capo con seri problemi di salute mentale, è logica conseguenza comportarsi nel modo che si ritiene opportuno per conservare il proprio posto di lavoro. Quello che però non riuscivo a digerire era il fatto che questo comportamento fosse tale anche fuori dall'orario di lavoro: e io mi trovavo in quella situazione anche, anzi soprattutto, per causa sua. Eppure ero stato cancellato, completamente, definitivamente: nessuna scusa, nessun pentimento, nessun dispiacere per ciò che mi stava capitando. Solo allegre risate col mobber mentre io ero solo fra quattro mura, in completo isolamento.
Chi ha letto i post recenti sa che mi sono completamente risollevato da quella situazione. Ora mi sono messo in proprio ed ho raggiunto lo stesso livello professionale del mobber, con la differenza che i miei collaboratori sono trattati, sia dal punto di vista umano che economico, come meglio non potrei permettermi di fare.
Giuditta invece, alcuni mesi fa, ho saputo che è stata licenziata, di punto in bianco, senza alcun preavviso. Me lo aspettavo, e verso la fine del 2010 glielo avevo anche pronosticato in una concitata telefonata. Devo onestamente dire che la notizia non mi ha fatto piacere: la poverina ha fatto veramente di tutto per quel posto di lavoro, fino a vendersi l'anima, ma non è bastato. E' una vittima anche lei in fondo.
Le auguro sinceramente di trovare lavoro: so cosa si prova quando le cose vanno male. Intanto però osservo che la ruota, come spesso si attende invano, a volte invece gira, e alla fine ciò che siamo non dipende solo dalla cattiveria degli altri, ma anche e soprattutto da ciò che seminiamo nella vita.