Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

sabato 30 aprile 2016

Soli contro il mobbing


Dopo anni, fra dieci giorni rivedrò il mio aguzzino. Davanti a un Giudice per fortuna.

Molte volte in tutto questo tempo ho rivissuto i momenti peggiori, ma mai come in questo periodo li avverto vivi, come se ancora io fossi lì a subire.

Poche persone conoscono nel dettaglio quello che mi è accaduto. Mia moglie certamente, come pure il mio avvocato, che è molto documentato su ogni singolo evento accadutomi.

Eppure nessuno SA, neanche loro sanno, veramente quello che io ho davvero provato in quelle lunghe giornate, in quell’ufficio, in quel contesto così surreale.

Ognuno è portato a conservare le proprie esperienze e a vivere come proprie quelle degli altri. Così ogni cosa che accade a sé o agli altri è vissuta e interpretata con la propria sensibilità e, pur nella capacità empatica propria di chiunque, per i riflessi che si avvertono nella propria sfera di emozioni e percezioni.

Mia moglie sa che ho sofferto, lo sa anche il mio avvocato. Ma non sanno fino in fondo cosa ho provato, non potranno saperlo mai.

Quando di notte mi svegliavo nel panico e sfioravo la mano di mia moglie, che intanto dormiva, per cercare una salvezza in quel contatto… no, non può sapere quanto fosse angosciante, e a al tempo stesso un piccolo sollievo, in attesa che la tortura cominciasse.

Non perdo tempo a spiegarlo, quasi voglio conservare questa sensazione così com’è. La solitudine assoluta in una situazione senza via d’uscita.

E se nessuno può capire fino in fondo, nessuno può aiutare davvero.

In teoria potrebbe chi SA, chi ha subito quello che ho subito io.

Ma se c’è quel qualcuno, è svuotato di energie quanto me. Quanto me che posso capire gli altri, ma a mia volta posso aiutare poco.

Nel gruppo che frequento non si parla più, io stesso non lo faccio da tempo. Ognuno è ricurvo su se stesso, sulle proprie angosce irrisolte.

Il mobbing è morte.