Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

lunedì 24 dicembre 2012

Buon Natale!

L’essere umano si è evoluto nel corso della sua esistenza, da uomo delle caverne è divenuto agricoltore, filosofo, poeta, artista, ingegnere, scienziato... E’ stato capace di imprese incredibili come volare e visitare il cosmo, trapiantare un cuore umano, costruire le Piramidi. Chissà il futuro cosa ci riserva, quali saranno i futuri passi dell’informatica, della genetica… forse perfino l’immortalità sarà una conquista possibile.
Eppure è paradossale che un essere di tale intelligenza ancora non abbia sconfitto la fame dei suoi simili, non sia capace di vivere in pace, continui a distruggere imperterrito il suo pianeta. Sembra incredibile che tante delle conquiste dell’umanità – non tutte per fortuna – siano conseguenti all’avidità del business piuttosto che all’obiettivo di migliori condizioni di vita e di lavoro per tutti. Troppo spesso vige la legge del più forte, e la giustizia, il rispetto, la tolleranza quasi mai sono comportamenti realmente premianti. Meglio chi si muove agevolmente nel malaffare e nella corruzione, piuttosto che chi li respinge e li denuncia. Ciò che è realmente sconfortante è osservare come ci siano sempre interessi particolari – di cui noi tutti non beneficeremo mai – che impediscono un cambio di rotta, un voltar pagina.
A chi è consapevole di tutto ciò, il compito di tener sempre sveglia la propria coscienza e la forza di non adeguarsi mai. Auguri a noi tutti.

martedì 27 novembre 2012

Sognando

Vivo un momento di grave disagio economico. Il mio più grande desiderio, oggi, è quello di riavere un lavoro, una sicurezza, per me, la mia famiglia, mia figlia sopra ogni cosa. Ma volendo sognare, volendo per un attimo immaginare cosa davvero vorrei per il mio futuro, ovviamente pretenderei qualcosa di più. Non il gratta e vinci vincente, non l’eredità inaspettata… ma ciò che effettivamente sento che mi è stato tolto, in modo violento e ingiusto: il mio lavoro, la mia professionalità… quel senso di stanchezza ma di grande soddisfazione che un tempo provavo la sera, dopo una giornata di lavoro. Rivorrei tutto indietro, con gli interessi. So che ne ho diritto. A convincermene sono la banalità e l’assoluta ingenuità di questo desiderio. Per un attimo vorrei esercitare il potere che per anni ho subito. Ma non per mettere sul lastrico chi ha esercitato quel potere a danno degli altri, per arricchirsi, per sfruttare fino al midollo chi ha avuto la sventura di capitare di sotto. Questo verrebbe comunque dopo, perché la giustizia ha due facce: quella che risarcisce ma anche quella che punisce. La prima cosa che farei se avessi quel potere è ridare voce a chi è stato zittito, diritti a chi è stato prevaricato, occasioni a chi è stato sfruttato. Dimostrare che una azienda è una comunità di persone, in cui la cosa più importante è il capitale umano. Rendere evidente che esiste un profitto etico ed un profitto ladro. Questo farei.

martedì 30 ottobre 2012

sabato 20 ottobre 2012

Mobbing tabù sociale

E’ così che un lettore di questo blog ha definito il mobbing. Sono perfettamente d’accordo con lui: per vari motivi questa forma di violenza non riceve la stessa attenzione di altri fenomeni altrettanto odiosi, come ad esempio il bullismo o lo stalking.
Probabilmente se la vittima è una donna perseguitata da un uomo che non si rassegna al fatto di essere rifiutato, oppure se si tratta di un bambino indifeso alla mercé di una banda di teppistelli, la società è più incline a prendere posizione, perché è un dato facilmente condivisibile stare dalla parte di donne e bambini. Il mobbizzato invece può essere un uomo o una donna anche di 40, 50 anni, con uno stipendio, un contratto di lavoro, con la possibilità di ricorrere ad un avvocato, magari iscritto pure ad un sindacato. E poi la violenza che subisce fa molto meno rumore: non viene preso a schiaffi, non viene tempestato di telefonate, non c’è nessuno che si apposta per studiarne i movimenti. Poi, diciamolo chiaramente: essere mobbizzati è anche una roba un po’ da sfigati. Se subisci mobbing, normalmente i tuoi colleghi ti evitano: è molto più comodo nascondersi nel branco piuttosto che difendere un collega, assumere una posizione, esprimere almeno solidarietà. Gli struzzi si autoassolvono pensando che nulla avviene a caso, e che se qualcosa di negativo è capitato a qualcuno, allora se lo sarà meritato. E poi, ed è forse la cosa più importante, in un luogo di lavoro è sempre meglio parteggiare per chi esercita il potere piuttosto che per chi lo subisce.
Forse è per la somma di tutte queste ragioni che se ne parla poco. Eppure il mobbing può avere in alcuni casi conseguenze decisamente più devastanti dello stalking o del bullismo. Non è certo mia intenzione stilare una classifica in cui evidenziare se un tipo di violenza è peggiore di un’altra, perché ogni caso è un caso a sé; ma è un dato di fatto che il mobbing riguarda centinaia di migliaia di lavoratori, persone che ogni giorno consumano la propria riserva di ottimismo, vitalità, salute. Finendo spesso per patire conseguenze psico-fisiche molto gravi, oltre alla perdita del posto di lavoro e tutto ciò che ne consegue nell’economia familiare. Il tutto in un silenzio totale, particolarmente assordante proprio nel luogo in cui la violenza si consuma. Questo è uno degli aspetti peggiori da sopportare nel mobbing: l’indifferenza di chi ti lavora accanto.

sabato 11 agosto 2012

SE POTESSI TORNARE INDIETRO…

Quando ho cominciato a subire il mobbing, non sapevo neanche cosa significasse la parola “mobbing”.
Ero assolutamente impreparato a tutto quello che mi sarebbe capitato, così la mie iniziali reazioni furono solo di incredulità per ciò che mi stava accadendo. I miei pensieri erano: “tutto questo è assurdo”, “si renderà conto che non ha senso trattarmi in questo modo”, “ho la coscienza a posto, non ho nulla da temere”, “ho alle spalle anni ed anni di lavoro ineccepibile, non può essere così stupido da farmi fuori”, “molto presto tutto tornerà come prima”. Mentre pensavo tutto questo, montava un senso di rabbia, perché ciò che subivo era ingiusto, macroscopicamente ingiusto.
Sbagliavo. Le mie reazioni erano inadeguate - solo adesso lo capisco appieno – in quanto frutto di una ingenuità di fondo: ritenere che il dolore interiore che cominciavo a sentire fosse un fatto importante non solo per me, ma un valore assoluto da tutelare. Il pensare che questa sofferenza fosse ignota al mio datore di lavoro, conseguenza non voluta, il fatto che quando fosse stato a lui chiaro ciò che stava accadendo, si sarebbe ravveduto. Pensare che i diritti delle persone fossero valori consolidati in cui tutti credono. Pensare che c’è un livello di ragionevolezza condiviso.
Ero completamente fuori strada. In realtà il mobber aveva già pianificato tutto, aveva preso la razionale decisione di mettere in atto tutta una serie di azioni nei miei confronti, avendo chiaro l'obiettivo da raggiungere. Non solo ero vittima di una situazione che mi avrebbe poi portato alla malattia ed alla disoccupazione, ma ero anche assolutamente inconsapevole di quello che mi stava capitando, lo avrei scoperto solo a giochi fatti.
Non sapevo, non conoscevo, soprattutto non volevo credere.
Chi non ha mai avuto problemi di questo genere, reagisce, credo, come ho reagito io. Se invece fossi stato informato, avessi capito per tempo, non mi fossi illuso che tutto fosse un problema passeggero, avrei preso le mie contromisure. Avrei cominciato a mettere in atto tutte le strategie per difendermi dal mobbing, ampiamente illustrate anche in internet. Solo che tutti si informano quando è troppo tardi, esattamente come è capitato a me. Solo quando una cosa come questa invade la propria vita distruggendola, solo allora si capisce quanto sia importante parlarne, conoscere il fenomeno in tempo, coglierne subito i segnali, reagire prima che attecchisca. Almeno prepararsi il terreno per non essere impreparati poi, quando sarà un giudice a dover decidere. 

giovedì 9 agosto 2012

La mia esperienza presso la Clinica del Lavoro di Milano

Ansia, depressione, stress, sono fattori che, se causati dal mobbing, rappresentano già un valido motivo per chiamare in causa il mobber, ma possono rappresentare anche l'origine di più gravi patologie, come ad esempio l'infarto.
Il problema sta nel fatto che la vittima ha anche l'onere di dover dimostrare il nesso di causalità tra il mobbing e tali patologie. A questo fine, è indispensabile che il proprio stato patologico sia certificato da una struttura pubblica, e la Clinica del Lavoro di Milano è sicuramente uno dei centri più qualificati in Italia. Io mi sono recato in questo centro, e quanto segue è un resoconto della mia esperienza.
Nel complesso posso dire che si è trattato di una esperienza molto positiva: un centro davvero accogliente, un primario dai modi estremamente informali, uno staff cortese e disponibile, la percezione di una grande attenzione alle problematiche del paziente. Il primo impatto è stato con un altro paziente in sala d’attesa. In pochi minuti ci siamo raccontati le nostre storie, e come spesso accade mi sono reso conto che la mia non era certo la più drammatica. Mario (nome di fantasia), un uomo attorno ai 35/40 anni, con famiglia sulle spalle, dipendente presso una grossa azienda del nord, aveva subito un pesante demansionamento: da tecnico ad operaio, per finire con la scopa in mano a spazzare nei capannoni; infine licenziato durante la malattia. Nella sua triste vicenda si erano infatti aggiunti problemi molto gravi di salute, conseguenti a vessazioni di vario genere: violenze anche fisiche, addirittura un sequestro di persona all’interno dell’azienda, interrotto dall’intervento dei Carabinieri. Avrei voluto approfondire meglio la sua storia e aver modo di tenere un contatto con lui per il futuro, ma purtroppo le nostre strade si sono divise e dopo un breve saluto il giorno successivo non l’ho più visto. Durante la prima giornata ho ricostruito fin nei minimi dettagli la cronistoria della mia vicenda, dopo che già via fax avevo inviato una sintetica ricostruzione. Poi ho effettuato un test molto lungo, circa 600 domande riguardanti la mia personalità. Mi sono reso conto del fatto che, pur essendo tutte domande poste in modo differente, avevano una certa ciclicità negli argomenti, cioè molto spesso le stesse domande venivano ripetute con formulazioni differenti, probabilmente per verificare la veridicità delle risposte. Il giorno successivo invece ho effettuato un gran numero di test molto più brevi, che hanno scandagliato la mia vita in ogni direzione: lavoro, salute, sonno, relazioni sentimentali, sessualità, relazioni familiari, e sicuramente altre che ora non mi vengono in mente. Ho effettuato anche un test di intelligenza e addirittura dei disegni: dati degli stimoli visivi, dovevo completare seguendo la mia fantasia, dando infine un titolo al disegno che avevo creato. Successivamente ho avuto un lungo colloquio con una psicologa che inizialmente ha voluto ripercorrere i tratti salienti della mia storia, focalizzando però l’interesse sulle ripercussioni psicologiche che ne erano derivate. E’ andata molto a fondo nel far emergere tutte le situazioni non solo lavorative che avessero potuto in qualche modo influire nel mio equilibrio, ricostruendo la mia vita fin dall’infanzia. Questo è stato l’ultimo atto della mia due giorni a Milano, e mi sono congedato salutando tutti, in particolare il primario, responsabile della struttura, di cui è doveroso da parte mia sottolineare la grande gentilezza ed attenzione nei confronti di tutti i pazienti. I test sono stati molto approfonditi , certamente più che collaudati e quindi fondamentali per stabilire una diagnosi attendibile. Ma sono stati molto utili anche per me in quanto dover rispondere a molte domande ha significato anche sottopormi autonomamente ad una indagine su me stesso che non avevo mai avuto modo di realizzare senza questi strumenti. Estremamente interessante è stato l’incontro con la psicologa, che mi ha dato suggerimenti molto importanti; devo dire che al di là dell’aspetto puramente professionale ho colto anche una partecipazione effettiva ai miei problemi, un lato “umano” della medicina che spesso non constato più in tanti medici più orientati alla glorificazione di se stessi piuttosto che al servizio verso il paziente. In definitiva una esperienza che mi ha arricchito e che mi sento di consigliare a chi ne abbia in qualche modo necessità.

martedì 20 marzo 2012

Raccogliere le forze

Sto per iniziare la causa, dovrà decidere un giudice se quest’ultimo anno e mezzo trascorso nella sofferenza e nella malattia è un fatto che va punito, un danno che va risarcito, oppure è tutta una mia invenzione. Dover dimostrare ciò che di per sé è vero è una ulteriore prova che dovrò superare, perché dovrò rivivere tutte le vessazioni, i piccoli e grandi dispetti, le umiliazioni subite. E avrò io l’onere della prova. Un compito molto  arduo in una piccola azienda come quella che mi trovo a combattere, dove tutti coloro che lavoravano con me sono ora uniti e coesi contro di me. Dove l’unico modo per sconfiggermi consisterà inevitabilmente nel mentire. Già qualche tempo fa ho avuto un assaggio: in uno scambio di raccomandate col mio avvocato, il mio capo ha ammesso di avermi trasferito ad un’altra postazione di lavoro, ma per darmi una collocazione “più consona al mio ruolo”, a suo dire. Cioè io avrei dovuto, secondo lui, ringraziarlo, invece di lagnarmi, piuttosto che essere quasi morto in quelle lunghe giornate fatte di isolamento e silenzio. Fatte le debite proporzioni, è un po’ quello che avviene nelle violenze sessuali di gruppo, dove tutti negano, o tutt’al più affermano che la vittima era in realtà perfettamente consenziente. La vittima invece rimane sola con la violenza subita, col rischio di non essere creduta. La solidarietà c'è, ma si avverte più fra gli estranei che fra coloro che in qualche modo conoscono i fatti direttamente. Fra questi è più frequente l'atteggiamento di chi vuol lavarsi le mani, invece che quello di voler dare il proprio contributo in favore della legalità e della verità.
Io ho fiducia nella giustizia, e per quanto sia consapevole che la giustizia possa sbagliare, sono tuttavia convinto che l’ingiustizia vada combattuta, che le scorrettezze vadano denunciate, che chi infrange la legge e non rispetta le persone debba essere colpito. Non so se ci riuscirò, ma è l’unica cosa da fare nei confronti di chi, invece di giustificare il proprio operato, oppure cercare di trovare una soluzione condivisa, preferisce rifugiarsi nella menzogna per difendersi. Non si possono stringere patti con persone come queste.
Raccolgo le mie forze, vado avanti.

venerdì 10 febbraio 2012

Non è mica finita...

E' da molto che non scrivo sulla triste vicenda che mi riguarda... Nell'estate 2011 le vessazioni nei miei confronti erano ricomiciate tali e quali erano sempre state, e non avevo più voglia di scrivere nulla. Ero preso da uno sconforto senza eguali, e tenere aggiornato questo blog era una pesante sofferenza. Avevo un bisogno disperato di far riposare la mente.

Non so come feci ad arrivare ad agosto, presi l’intero mese di ferie ma non riuscii minimamente a rilassarmi: il pensiero era a ciò che subivo quotidianamente, alla prospettiva di perdere lo stipendio e quindi l’unica fonte di sostentamento della mia famiglia.

Rientrato al lavoro, tutto ricominciò come prima e peggio di prima. Il capo mi ordinò di invertire l’ordine alfabetico di un intero archivio, una cosa assolutamente inutile, assurda e chiaramente finalizzata a farmi sentire un inutile peso, e forse volta anche a provocare altri tipi di reazione come era già avvenuto in passato. Mi sentii veramente mancare, e me ne andai a casa dicendo che stavo male. Da allora sono in malattia. Ad ottobre 2011 ho consultato un neuropsichiatra, che mi ha diagnosticato una “nevrosi d’ansia cronica”. Ho trovato la forza di reagire dal punto di vista legale, e quindi mi sono affidato ad un avvocato che sta cercando di tutelare i miei interessi. Questo mi ha dato qualche speranza di uscire da questa situazione e di limitare i danni dal punto di vista economico. Chissà, forse anche per questo ho ricominciato a scrivere...

Tutto quello che ho vissuto da settembre 2010 ad oggi ha non solo compromesso il mio stato di salute, ma anche profondamente modificato il mio modo di rapportarmi con gli altri. Spesso mi capita di avere paure ingiustificate, di non essere più sicuro di me stesso, di dover sempre chiedere l’approvazione degli altri prima di compiere qualsiasi scelta. Di recente, rivedendo un filmato girato durante le vacanze di alcuni anni fa, ho visto me che ridevo, e la sensazione che ho avuto è che quella fosse un’altra persona, che non mi capiterà più di avere simili momenti di spensieratezza. Allo stesso modo, manifesto stupore quando qualcuno mi ricorda di essere stato in passato unanimemente stimato per le mie capacità professionali. Riprendere a lavorare, anche in un ambiente di lavoro sano, mi preoccupa comunque, perché non sono certo di poter facilmente tornare a quello che ero prima dell’estate 2010.

Ho un consiglio da dare a tutti coloro che si trovano nella mia condizione: AGITE! Pensare che le cose si possano aggiustare è nella maggior parte dei casi una semplice illusione. Invece il tempo passa, la salute va via, e si perde la forza necessaria per reagire. 
Mi rendo perfettamente conto delle grandi difficoltà che ho nel dover sostenere una accusa in tribunale: trovare le prove è particolarmente difficile nel mio caso. La legge infatti prevede che sia a carico del lavoratore, quindi della vittima, raccogliere tutti gli elementi di prova a supporto delle proprie richieste, e si può facilmente intuire che in un ambiente in cui si è totalmente emarginati e discriminati ciò sia molto complicato: difficoltà a reperire testimoni, documenti.. (Quindi, quando dico "agite", intendo dire: mettete da parte tutto ciò che vi può tornare utile, fatelo anche preventivamente, perché il  mobbing può capitare a chiunque, in qualsiasi momento. Pensate da subito a quello che deve essere l'obiettivo: sconfiggere il mobber, ripristinare la legalità. Difendere la qualità del proprio lavoro.)

Non so quanto io abbia ben preparato questo passo, ma, nonostante le difficoltà, io agirò. So di essere dalla parte della ragione, dalla parte della legge. So che arrendersi significa accettare che i soliti la facciano sempre franca. Penso che la giustizia esista, debba esistere. E se, nonostante tutto ciò che ho già subito, il mio tentativo fallirà, sono certo che quello successivo avrà successo.