Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

domenica 13 marzo 2011

Legge antimobbing: in Francia c'è!

La legge di modernizzazione sociale del 17 gennaio 2002, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 gennaio, contiene un capitolo intitolato “Lotta contro il mobbing sul lavoro” (articoli dal 168 al 180). Sebbene alcuni di questi articoli siano stati oggetto di riserve in termini di interpretazione da parte del Conseil constitutionnel (organismo dello stato francese che ha l’incarico di vigilare alla costituzionalità delle leggi organiche, dei regolamenti, delle elezioni. N.d.T.) (decisione n°2001-455 C del 12 gennaio 2002), tutti sono stati dichiarati conformi alla Costituzione. Sono entrati in vigore dal 20 gennaio 2002 in quanto non è necessario nessun testo alla loro applicazione.
La nozione di mobbing sul lavoro è stata introdotta nella legge di modernizzazione sociale durante il suo esame in prima lettura da parte dell’Assemblea nazionale. Il dispositivo riprendeva una proposta di legge del partito comunista francese depositata nel dicembre 1999, ed è stato approfondito nel corso delle letture del testo, in particolare alla luce del parere espresso dal Consiglio economico e sociale (CES) adottato nell’aprile 2001.
Il dispositivo approvato alla fine contiene delle disposizioni sulla definizione di mobbing, la prevenzione e le sanzioni di questo fattore di rischio, nozione che fa così il suo ingresso nel Codice del lavoro, nel Codice penale e negli statuti della Funzione pubblica. Trattandosi della definizione, qualunque riferimento ad un legame di autorità è stato eliminato: il mobbing può essere esercitato dal datore di lavoro, da un superiore gerarchico, o da un collega.
Per garantire la prevenzione è stato rafforzato il campo di intervento di vari soggetti (delegati del personale, CHSCT, medico del lavoro…). Peraltro un obbligo generale di prevenzione spetta al datore di lavoro. Altre disposizioni proteggono le vittime una volta che il mobbing si sia manifestato: viene avviata una procedura di mediazione, l’onere della prova, in caso di contenzioso, viene regolato in senso favorevole all’attore, e i sindacati possono intervenire in giudizio al posto delle vittime. Per quanto riguarda la repressione il mobbing è soggetto a sanzioni disciplinari, civili e penali.
FONTE: Legge n° 2002-73 del 17 gennaio 2002 (art.dal 168 al 180) e decisione del Conseil
constitutionnel n°2001-455 DC del 12 gennaio 2002 (GU francese del 18 gennaio).
OCCORRE PRENDERE IN CONSIDERAZIONE I SEGUENTI PUNTI
- Esecuzione in buona fede del contratto di lavoro: il principio giurisprudenziale in base al quale il contratto di lavoro viene messo in atto in buona fede è ormai inserito nel Codice del lavoro.
- Definizione di mobbing sul lavoro: il mobbing è costituito da azioni ripetute che hanno per oggetto o come effetto un degrado delle condizioni di lavoro di un dipendente che può danneggiare i suoi diritti e la sua dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro professionale. Il mobbing può essere esercitato dal datore di lavoro, dal superiore gerarchico o da un qualsiasi collega.
- Tutela delle vittime e dei testimoni: nessun dipendente può essere sanzionato, licenziato o essere sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, soprattutto in materia di retribuzione, formazione, riqualificazione, assegnazione, qualifica, classificazione, promozione professionale, cambiamento o rinnovo di contratto per aver subito, o rifiutato di subire, dei maneggi che si definiscono mobbing, oppure per esserne stato testimone ed averli riferiti. Qualsiasi rottura del contratto di lavoro che ne fosse la diretta conseguenza, qualunque disposizione o atto contrario va ritenuto nullo con pieno diritto.
- Obbligo di prevenire da parte del datore di lavoro: l’imprenditore deve adottare tutte le misure necessarie allo scopo di prevenire il mobbing. Deve proteggere la salute fisica e mentale dei lavoratori e programmare la prevenzione integrandovi i rischi da mobbing.
- Regolamento interno: il regolamento interno deve contenere disposizioni relative al divieto di qualunque forma di mobbing.
- Compiti di prevenzione del CHSCT: il ruolo del Comitato di Igiene e Sicurezza e delle Condizioni di lavoro viene esteso alla protezione della salute fisica e mentale dei lavoratori. Il Comitato può peraltro proporre azioni di prevenzione in materia di mobbing.
- Diritto di allertare da parte dei delegati del personale: la procedura di allarme di cui dispongono i delegati del personale in caso di attacco ai diritti delle persone o alle libertà individuali viene estesa al caso di danno alla salute fisica e mentale dei lavoratori.
- Ruolo del medico del lavoro: il medico del lavoro può proporre al responsabile dell’azienda cambiamenti o trasformazioni relativi ai posti di lavoro giustificati da considerazioni che riguardano la salute fisica e mentale dei lavoratori.
- Mediazione: viene istituita una procedura di mediazione per le vittime di persecuzioni morali o sessuali. Chiunque nell’azienda ritenga di essere vittima di questo tipo di persecuzioni può ricorrere ad un mediatore, esterno all’azienda e scelto su una lista compilata dal prefetto. Il mediatore convoca le parti e cerca di riconciliarle.
- L’onere della prova: come avviene in materia di discriminazione, in caso di controversia relativa a mobbing o a molestie sessuali, il regime dell’onere della prova viene regolato in senso favorevole all’attore.
- L’azione giudiziaria promossa dai sindacati: le organizzazioni sindacali rappresentative in azienda possono sostituirsi al lavoratore vittima del mobbing o di molestie sessuali per agire in giudizio previa presentazione di consenso scritto dell’interessato, il quale può sempre intervenire nell’azione intrapresa dal sindacato e porvi fine in qualunque momento.
- Sanzioni: il mobbing viene punito da sanzioni disciplinari e penali.
- Funzione pubblica: il divieto di qualunque pratica di mobbing viene esteso e adattato alle tre funzioni pubbliche.
ANALISI DEL DISPOSITIVO
Fino all’approvazione della legge di modernizzazione sociale nei casi di mobbing i tribunali si basavano sulle disposizioni contenute nel diritto internazionale e in quello nazionale (Codice del Lavoro, Codice civile e Codice penale). Ma queste disposizioni non sono sufficienti per assumere tutta la specificità e le diverse forme del mobbing. D’altra parte le giurisprudenze continuavano ad essere “poco omogenee, soprattutto tra il giudice penale e il giudice amministrativo” (Rapporto del Senato n°275, Tomo 1, pag.313). Dunque la legge dedica un capitolo alla lotta contro il mobbing sul lavoro, con l’obiettivo di determinare un quadro giuridico di questa forma di persecuzione: definizione, prevenzione, sanzione. La nozione di mobbing fa la sua entrata anche nel Codice del Lavoro, il Codice penale e negli statuti dell’Amministrazione pubblica.
ESECUZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO IN BUONA FEDE (art.168)
Nell’introduzione del nuovo capitolo del Codice del Lavoro sul mobbing figura un nuovo articolo L.120-4 del Codice del Lavoro che sancisce che il contratto di lavoro è eseguito in buona fede. Questo principio derivava già dalla giurisprudenza che applicava in modo combinato l’art. L.121-1 del Codice del Lavoro (il contratto di lavoro è sottoposto alle norme di diritto comune) e l’art. 1134 del Codice civile (le convenzioni devono essere eseguite in buona fede). Ma si è sostenuto che “il mobbing è un argomento sufficientemente grave per riaffermare solennemente, all’interno del Codice del Lavoro, l’obbligo di eseguire in buona fede il contratto di lavoro” (G.U. francese, 2 maggio 2001, pag.1653).
* DEFINIZIONE DI MOBBING (art.169-I)
Viene introdotto nel Codice del lavoro l’articolo 122-49 che vieta il mobbing.
Nessun lavoratore deve subire maneggi ripetuti di persecuzione morale che hanno per oggetto o come effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti e la sua dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro professionale.
Vengono dunque definiti alcuni criteri:
- i maneggi devono essere ripetuti;
- devono comportare un degrado delle condizioni di lavoro.
Maneggi ripetuti
I maneggi devono essere ripetuti: un unico atto, anche grave, non può essere definito “mobbing”.
Effetti dei maneggi sulle condizioni di lavoro
- Degrado delle condizioni di lavoro
Per parlare di mobbing i maneggi devono avere come obiettivo o come effetto un degrado delle condizioni di lavoro. Dunque il mobbing non deve essere confuso con il normale esercizio del potere disciplinare da parte dell’imprenditore. Solo nel caso di una deviazione del potere disciplinare e cioè esercitando pressioni illegittime si potrebbe determinare un’azione di mobbing. Va rilevato che la definizione di mobbing non richiede l’elemento intenzionale (i maneggi devono avere come conseguenza “o come effetto” un degrado delle condizioni di lavoro). Basta la semplice constatazione anche se non c’è l’intenzione di nuocere.
- Effetti del degrado delle condizioni del lavoro
Il degrado delle condizioni di lavoro deve essere suscettibile di:
- danneggiare i diritti e la dignità del lavoratore;
- o di alterare la sua salute fisica o mentale;
- o compromettere il suo futuro professionale.
Importante: il danno non deve prodursi per forza (il degrado delle condizioni di lavoro deve essere “suscettibile di” danneggiare…). Trattandosi di danno ai diritti e alla dignità del lavoratore il nuovo art. L.122-49 del Codice del Lavoro introdotto dalla legge non ha indicato i “diritti” del lavoratore che possono essere intaccati dai maneggi incriminati. Il Conseil constitutionnel ha tuttavia precisato che si tratta dei diritti della persona sul lavoro quelli enunciati nell’art. L.120-2 del Codice del Lavoro (secondo quest’ultimo articolo nessuno può imporre restrizioni ai diritti delle persone, alle libertà individuali e collettive non giustificate dalla natura del compito da svolgere né proporzionate allo scopo voluto).
Per quanto riguarda la nozione di “danno alla dignità” questa fa parte del diritto comunitario, e più specificatamente è contenuta nella definizione di persecuzione psicologica della direttiva 78/2000 del 27 novembre 2000 che definiva un quadro generale in favore della parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro.
Non è necessario che ci sia un nesso basato sull’autorità
Per mobbing si intende quello esercitato dal datore di lavoro o dal superiore gerarchico e tra colleghi.
La stesura adottata in prima lettura dall’Assemblea nazionale precisava invece che i maneggi persecutori dovevano essere compiuti dal datore di lavoro o comunque da un superiore gerarchico. Successivamente è stata soppressa la condizione di abuso di autorità soprattutto a seguito del rapporto del CES. E’ stato rilevato che “spesso sono i colleghi di lavoro, addirittura i subordinati, che si rendono colpevoli di azioni di mobbing” (Rapporto Senato n°275, Tomo 1, pag.316).
Le disposizioni relative alle molestie sessuali sono peraltro modificate per eliminare la condizione di abuso di autorità (art.179).
· CAMPO DI APPLICAZIONE (dall’art.169-VI all’art.169-VIII; art.177)
La protezione contro il mobbing previsto all’art.169 della legge riguarda:
- i lavoratori;
- i marinai (C.L. art. L.742-8 modificato);
- i collaboratori famigliari (C.L. art. L.772-2 modificato);
- i portieri e i dipendenti di immobili per uso abitativo (C.L. art.L771-2 modificato);
- le aiuto-madri (C.L. art. L.773-2 modificato. Le organizzazioni sindacali non possono tuttavia presenziare in giudizio al loro posto in quanto l’art.177 della legge non contempla l’art.122-53 che prevede questo diritto di sostituzione).
Riguarda inoltre, in base ad un regime particolare, i funzionari e gli agenti pubblici non titolari.
* PROTEZIONE DELLE VITTIME DEI TESTIMONI E DELLE PERSONE CHE HANNO RIFERITO
FATTI CHE COSTITUISCONO COMPORTAMENTI MOBBIZZANTI (art.169-1)
Nessun lavoratore può essere sanzionato, licenziato o essere oggetto di misure discriminatorie, dirette o indirette, soprattutto in materia di retribuzione, di formazione, di riqualificazione, di assegnazione, di qualifica, di classificazione, di promozione professionale, di cambiamento o di rinnovo del contratto per aver subito, o rifiutato di subire azioni di mobbing, o aver testimoniato di tali comportamenti o averli riferiti.
Qualunque rottura del contratto di lavoro conseguente a mobbing, qualunque disposizione o atto contrario va considerato nullo con pieno diritto (C.L. art.L.122-49). Quest’ ultima disposizione implica che il licenziamento o le dimissioni associati al mobbing sono nulle e dà diritto al lavoratore di chiedere il risarcimento dei danni oppure, a sua scelta, di essere reintegrato . Questa protezione vale sia per la vittima del mobbing sia per i lavoratori che hanno fornito la loro testimonianza.
* OBBLIGO DI PREVENZIONE DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO
* Compiti generali di prevenzione (art.169-1)
La legge impone al datore di lavoro un obbligo di prevenzione del mobbing. Egli deve “adottare tutte le misure necessarie” al fine di prevenire le azioni che costituiscono comportamenti mobbizzanti (C.L., nuovo art. L.122-51).
* Protezione della salute fisica e mentale dei lavoratori (art.173)
Il responsabile dell’azienda deve proteggere la salute “ fisica e mentale” dei lavoratori (C. lavoro, art.L230-2, al.1 modificato). Prima dell’approvazione della legge in questo articolo si faceva riferimento alla “salute” dei lavoratori. La precisazione in base alla quale la nozione di salute copre non solo l’aspetto fisico ma anche l’aspetto mentale è conforme “ alle norme europee e alla normativa dell’OIL e dell’OMS” (G.U. francese, 2 maggio 2001).
Il responsabile dell’azienda deve pianificare la prevenzione integrandovi in un insieme coerente la tecnica, l’organizzazione del lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori ambientali “in particolare i rischi associati al mobbing”. Di conseguenza i rischi associati al mobbing rientrano ormai nell’ambito della prevenzione in materia di ambiente di lavoro.
REGOLAMENTO INTERNO (art.172)
Il regolamento interno deve richiamare le disposizioni relative al divieto di qualunque pratica di mobbing (Codice del Lavoro art. L.122-34 modificato). In proposito si tratta di estendere al mobbing quanto già previsto per le molestie sessuali. Una misura di questo tipo si integra alla preoccupazione di incrementare la prevenzione: “Da un lato questa disposizione determinerà un miglioramento dell’informazione dei lavoratori in quanto il regolamento interno deve essere affisso nei luoghi di lavoro. Ma soprattutto darà vita ad un dialogo all’interno dell’azienda in merito al mobbing dal momento che il regolamento interno deve essere sottoposto al comitato d’azienda e al comitato di igiene e sicurezza e delle condizioni di lavoro (CHSCT) in applicazione dell’articolo L.122-36 del Codice del Lavoro.
· LA MISSIONE DI PREVENZIONE DELCHSCT (art.174)
Il CHSCT ha il compito di contribuire alla salute “fisica e mentale” dei lavoratori (Codice del Lavoro, art. L.236-22, modificato).
Fino all’approvazione della legge di modernizzazione sociale veniva considerata soltanto la salute
in generale.
- Il CHSCT può proporre azioni di prevenzione in materia di mobbing e di molestie sessuali. Le attribuzioni del CHSCT sono estese “ al problema del mobbing perché questo Comitato costituisce una istanza appropriata di dialogo e di prevenzione dei rischi per la salute o le condizioni di lavoro. Inoltre riunisce al suo interno i rappresentanti dei lavoratori e del datore di lavoro, l’ispettore e il medico, in breve tutti i soggetti coinvolti in materia di mobbing”.(Rapporto Senato n°275, Tomo 1, pag.319)
DELEGATI DEL PERSONALE (art.176)
La procedura di allarme a disposizione dei delegati del personale in caso di danno ai diritti delle persone o alle libertà individuali viene estesa al caso di danno alla “salute fisica e mentale” dei lavoratori.
Se un delegato del personale, quando constata, soprattutto attraverso un lavoratore, che esiste un danno alla salute fisica e mentale delle persone che operano nell’azienda non giustificato dal tipo di lavoro assegnato né proporzionato all’obiettivo da raggiungere, deve informarne immediatamente il datore di lavoro. Quest’ultimo (o un suo rappresentante) è tenuto ad effettuare senza indugio un’indagine insieme al delegato e ad adottare le misure necessarie a porre rimedio a questa situazione. In caso di carenze da parte sua o di divergenze in merito alle realtà di questo danno e in caso di mancata soluzione al problema da parte del datore di lavoro, il lavoratore o il delegato nel caso in cui il dipendente avvertito per iscritto sia consenziente, porterà la vertenza davanti all’istanza di giudizio del consiglio dei probiviri che delibera secondo le forme che si applicano al caso. Il giudice può ordinare tutte le misure necessarie a far cessare il danno e integrare la sua decisione con una penale che sarà liquidata a beneficio del Tesoro. “Questa procedura che può essere messa in atto non appena si è venuti a conoscenza di un caso di mobbing, è effettivamente in grado di prevenire e di trattare dall’interno il mobbing, prima di pesanti contenziosi di riqualificazione della rottura del contratto di lavoro” (G.U.francese, 2 maggio 2001).
RUOLO DEL MEDICO DEL LAVORO (art.175)
Il medico del lavoro può proporre al responsabile dell’azienda delle misure individuali, come ad esempio il cambiamento o la trasformazione dei posti di lavoro, giustificate da considerazioni relative alla salute “fisica e morale “ dei lavoratori (Codice del lavoro, art.241-10-1 modificato). L’intervento del medico del lavoro può permettere di “attirare l’attenzione del responsabile dell’azienda su casi di mobbing di cui non sarebbe stato a conoscenza” (Rapporto Senato n°275).
MEDIAZIONE (art.171)
La legge di modernizzazione sociale istituisce una procedura di mediazione per le vittime di mobbing o di molestie sessuali (Codice del Lavoro art. 122-54 nuovo).
Avvio della procedura
La procedura di mediazione può essere avviata da qualunque persona dell’azienda che si ritenga vittima di mobbing o di molestie sessuali.
Scelta del mediatore
Il mediatore deve essere scelto al di fuori dell’azienda su una lista di personalità designate in funzione della loro autorità morale e della loro competenza nella prevenzione del mobbing o delle molestie sessuali. Gli elenchi dei mediatori sono compilati dal prefetto previa consultazione ed esame delle proposte di candidature presentate dalle associazioni il cui scopo è la difesa delle vittime di mobbing o di molestie sessuali e dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale.
Procedura di conciliazione
Il mediatore convoca le parti che devono comparire di persona entro un mese. In caso di mancata comparizione il mediatore fa un verbale scritto che viene inviato alle parti in causa. Il mediatore si informa in merito ai rapporti esistenti tra le parti, tenta la conciliazione e sottopone loro delle proposte, che consegna per iscritto, allo scopo di porre fine al mobbing. In caso di fallimento della conciliazione il mediatore informa le parti sulle eventuali sanzioni e sulle garanzie procedurali previste in favore della vittima.
Status del mediatore
Le funzioni di mediatore sono incompatibili con quelle di consulente del collegio di probiviri in attività. Il mediatore usufruisce dello stesso status di consulente del lavoratore che assiste i dipendenti durante il colloquio che precede il licenziamento: al suo caso si applicano gli articoli dal 122-14-14 al 122-14-18 del Codice del lavoro (credito di 15 ore al mese, retribuzione delle assenze, protezione contro il licenziamento, autorizzazione di assenza, segreto professionale, obbligo della discrezione). Trattandosi di obbligo della discrezione questa viene estesa a tutti i dati relativi alla salute delle persone di cui il mediatore viene a conoscenza nel corso della sua missione. Chiunque danneggerà o tenterà di danneggiare il normale esercizio delle funzioni di mediatore, soprattutto ignorando gli articoli da 122-14-14- a 122-14-17 e i testi legislativi adottati per la loro applicazione, sarà punito con un anno di reclusione e con un’ammenda di 3811,23 euro o con una soltanto delle due pene. In caso di recidiva la pena potrà essere elevata a due anni di carcere e ad una ammenda di 7622,45 euro (Codice del Lavoro art.152 modificato).
Onere della prova (art.169-1)
Il regime dell’onere della prova viene adeguato in base al modello del recente dispositivo previsto per la lotta contro le discriminazioni in modiche il divieto di mobbing sul lavoro sia effettivamente applicato. Questo adeguamento viene esteso alle molestie sessuali. In caso di controversia in relazione all’applicazione degli articoli 122-46 (molestie sessuali) e 122-49 (mobbing):
- Il lavoratore interessato presenta degli elementi che lasciano di fatto supporre l’esistenza di un comportamento mobbizzante.
- Alla luce di questi elementi spetta alla parte convenuta dimostrare che i suoi maneggi non costituiscono un comportamento mobbizzante e che la sua decisione è giustificata da elementi obiettivi estranei a qualsiasi tipo di mobbing.
- Il giudice deve in seguito formarsi una sua convinzione dopo aver ordinato, in caso di necessità, tutte le misure d’istruzione che ritiene utili.
Questo adeguamento dell’onere della prova non costituisce una inversione dell’onere stesso ma semplicemente un adeguamento di quest’ultimo. A proposito di questo adeguamento il Conseil constitutionnel ha introdotto delle precisazioni obbligatorie per i giudici. Ha ritenuto infatti che questa disposizione sia conforme alla costituzione a condizione di rispettare le seguenti “rigide riserve di interpretazione”:
- L’attore deve stabilire la materialità degli elementi di fatto precisi e concordanti.
Il Conseil constitutionnel ha precisato che “le regole di prova più favorevoli alla parte convenuta” instaurate da queste disposizioni “non possono dispensare quest’ultima dallo stabilire la materialità degli elementi di fatto precisi e concordanti che essa presenta a sostegno dell’allegazione” secondo la quale la decisione adottata nei suoi confronti deriverebbe da un comportamento mobizzante o da molestie sessuali sul lavoro.
“Per cui alla parte convenuta verrà fatta ingiunzione di spiegarsi in merito alle azioni che le vengono rimproverate e di dimostrare che la sua decisione è motivata da elementi obiettivi estranei a qualsiasi forma di mobbing. In caso di dubbio spetterà al giudice, per forgiare la propria convinzione, di ordinare tutte le misure di istruttoria utili alla risoluzione della controversia”.
- Questo dispositivo non si applica in materia penale
Il Conseil constitutionnel rileva che emerge dai termini stessi dell’articolo 169 della legge che le regole di prova derogatorie che esso instaura vanno applicate “in caso di controversia” e ne deduce “che queste regole non sono applicabili in materia penale” (principio di presunzione di innocenza).
PROMOZIONE DI AZIONI GIUDIZIARIE DA PARTE DEI SINDACATI (art. 169-I)
Le organizzazioni sindacali rappresentative presenti in azienda sono autorizzate a sostituirsi ad un lavoratore vittima di mobbing per stare in giudizio. Possono esercitare in giudizio, nelle condizioni previste dall’articolo 122-52, tutte le azioni derivanti dall’articolo 122-46 (molestie sessuali) e 122-49 (mobbing) in favore di un lavoratore dell’azienda sulla base di un consenso scritto da parte dell’interessato, il quale può sempre intervenire nell’istanza intrapresa dal sindacato e porvi fine in qualsiasi momento (Codice del Lavoro art.122-
53 nuovo). Le organizzazioni che agiscono nel quadro di queste disposizioni usufruiscono della disciplina dell’onere della prova che si applica alle vittime del mobbing. I sindacati dispongono, dunque, di una capacità di intervento meno ampia in materia di mobbing rispetto a quella di cui usufruiscono nella lotta contro le discriminazioni. In questo campo, infatti, le organizzazioni sindacali possono promuovere azioni giudiziarie senza un consenso scritto da parte dell’interessato, dal momento che quest’ultimo è stato avvertito per iscritto e non si è opposto all’azione (Codice del Lavoro art.123-6 e 122-45).
SANZIONI
- Sanzioni disciplinari (art.169-1)
Qualunque lavoratore che abbia compiuto delle azioni di mobbing è passibile di sanzioni disciplinari (C.del Lav. art.122-50, nuovo)
- Sanzioni penali (art.169-IV, 169 V e 170)
La legge prevede due sanzioni penali: una nel Codice penale e una nel Codice del Lavoro.
- Una nuova sezione intitolata “Mobbing”, che comprende un articolo unico, viene introdotta nel Codice penale. Il fatto di mobbizzare l’altro con azioni ripetute che hanno per oggetto o per effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti o la sua dignità, di alterare la sua salute fisica o mentale o di compromettere il suo futuro professionale, viene punito con un anno di reclusione e 15.000 euro di multa (Cod.penale art.222-33-2 nuovo) Questa disposizione si adegua a quella già esistente relativa alle molestie sessuali (Cod. penale, art.222-33).
- Peraltro l’art. 152-1-1 del Codice del Lavoro viene completato in modo da prevedere che le infrazioni agli articoli 122-46 (molestie sessuali), 122-49 (mobbing) siano punite, come le infrazioni all’art. 123-1 (parità professionali uomo-donna) con un anno di reclusione e una multa di 3750 euro a partire dal 1° gennaio 2002 o con una di queste due pene. Il tribunale può ordinare, a spese della persona condannata, l’affissione del giudizio alle condizioni previste all’art. 131-35 del Codice penale e la sua pubblicazione sui giornali. Il tribunale può peraltro pronunciare un rinvio del dispositivo della pena in caso di azioni giudiziarie per infrazione alle disposizioni relative al mobbing o alle molestie sessuali nelle condizioni previste agli art. dal 132-58 al 132-62 del Codice penale:
- il rinvio comporta l’ingiunzione nei confronti del datore di lavoro di definire, previa consultazione del comitato d’azienda o, in sua assenza, dei delegati del personale, e entro un periodo di tempo determinato, misure adeguate a porre fine al mobbing. Il rinvio può, in caso di necessità, comportare anche l’ingiunzione nei confronti del datore di lavoro di porre in essere nello stesso periodo di tempo le misure definite;
- il tribunale può ordinare l’esecuzione provvisoria della sua decisione.
- Conseguenze della doppia sanzione penale
Una persona accusata di mobbing può essere perseguita sulla base sia dell’art.152-1-1 del Codice del Lavoro sia dell’art. 222-33-2 del Codice penale.
Il Conseil constitutionnel ha precisato che “quando varie disposizioni penali possono determinare la condanna di uno stesso e unico fatto, le sanzioni subite non possono superare il massimo previsto dalla legge, in applicazione del principio della proporzionalità delle pene che proviene dall’articolo 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. “Spetterà alle autorità giurisdizionali e, se necessario, alle autorità incaricate della riscossione delle ammende, di rispettare, nell’applicazione della legge, il principio della proporzionalità delle pene”. “Con questa riserva l’inserimento nel Codice penale e in quello del Lavoro di due incriminazioni che censurano le azioni di mobbing sul lavoro, di cui la prima rispetto alla seconda ha indubbiamente un più vasto campo di applicazione, non è contrario alla Costituzione” ( Conseil constitutionnel, 12 gennaio 2002, decr.n°2001-455 DC).
FUNZIONE PUBBLICA (art.178)
Per i funzionari la legge riprende, adeguandole, le disposizioni dell’art. 169 in materia di definizione, divieto e sanzione del mobbing. Prevede inoltre la stessa protezione specifica delle vittime del mobbing e delle persone che hanno testimoniato. Invece la disciplina dell’onere della prova in caso di mobbing non viene esteso al contenzioso amministrativo che ha delle regole proprie in materia.
Il progetto di legge adottato in prima lettura dall’Assemblea nazionale prevedeva solo una modifica del Codice del Lavoro. Ma successivamente il legislatore ha tenuto conto del rapporto del Conseil économique et social che prevedeva l’estensione della nozione di mobbing al settore pubblico. Il rapporto rilevava infatti che “il diritto pubblico sembra relativamente scarso di disposizioni in grado di poter essere mobilitate contro il mobbing”. Peraltro “ è vero che la giurisprudenza amministrativa tiene in minor considerazione il fenomeno rispetto a quella giudiziaria”. Ora, numerosi esperti ritengono che il male sia ancora “più radicato nell’amministrazione. Il ministro del Lavoro e della Solidarietà indicava davanti al Conseil économique et social che il settore pubblico rappresentava attualmente un terzo dei casi di mobbing segnalati. Altri studi parlano di proporzioni ancora maggiori” (Rapporto del Senato n°275).
Divieto di mobbing
Un articolo 6 quinquies della legge 83-634 del 13 luglio 1983 relativa ai diritti e ai doveri dei funzionari prevede che nessun funzionario deve subire azioni ripetute di mobbing che abbiano per oggetto o per effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti e la sua dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro professionale. 
Protezione delle vittime, dei testimoni, e delle persone che hanno riferito fatti definibili come mobbing
Nessuna misura riguardante in particolare l’assunzione, il passaggio in ruolo, la formazione, la valutazione, la disciplina, la promozione, l’assegnazione e il cambiamento può essere adottata nei confronti di un funzionario prendendo in considerazione:
- il fatto che egli abbia subito o rifiutato di subire azioni o comportamenti di mobbing;
- il fatto che si sia rivolto ad un superiore gerarchico o abbia promosso un’azione giudiziaria per porre fine a queste malversazioni;
- o il fatto che egli abbia testimoniato in merito a questi comportamenti mobizzanti o li abbia riferiti.
Qualunque funzionario che abbia esercitato il mobbing è passibile di una sanzione disciplinare. La protezione contro il mobbing viene estesa anche ai funzionari non titolari di diritto pubblico.
Traduzione a cura di Roberta Clerici

http://www.cgil.it/archivio/saluteesicurezza/Mobbing%20Francia.pdf

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