Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

giovedì 31 marzo 2011

Il mio antidoto al veleno del mobbing

E’ da un po’ che non scrivo di me, di come continuo a lavorare in condizioni di assoluta emarginazione e demansionamento.
Vivo malissimo: perché io voglio lavorare, voglio produrre, voglio che in cambio del mio stipendio l’azienda che mi paga possa giovarsi del mio contributo. Vorrei che le cose che faccio fossero chiare, riconoscibili, riconducibili alle mie capacità. Mi piacerebbe tornare a casa la sera ed essere magari stanco, ma orgoglioso per ciò che ho realizzato nel mio lavoro. Come un tempo accadeva di frequente.
Invece non è così. Torno sì stanco, ma stanco di un lavoro ripetitivo, stupido, lontano anni luce da quello che era il mio ruolo: sono passati pochi mesi, ma mi sembra realmente di parlare di un altro uomo. Ciò che sono attualmente: una persona che ha smarrito il suo ottimismo, il suo sorriso, la voglia di fare, di vivere. Una persona che non dorme più, che vive le notti negli incubi, che fa spaventare le persone che ha attorno.
Eppure resisto. Il mio mobbing è una dose di veleno quotidiana, ogni giorno piccole quantità che nel tempo si accumulano. Un veleno che da una parte mi costringe nella mia debolezza, dall’altra aumenta la forza di chi ormai, anche inconsapevolmente, contribuisce a rendere peggiore la mia condizione. Chi fino a poco tempo fa necessitava del mio aiuto, ora non solo mi ignora, ma si comporta come se davvero non esistessi. Il trattamento che mi viene riservato diviene un fatto normale, accettato da tutti. Il carnefice dentro di sé esulta, forse. E il popolo degli struzzi preferisce non guardare.
Eppure resisto, dicevo. Mi consola pensare che sono migliore di loro: quando  in passato ad essere colpiti sono stati altri, io non ho fatto lo struzzo. Non ho esitato un attimo a comportarmi da essere umano. Ma resisto soprattutto per un altro motivo: perché il veleno che mi viene iniettato è compensato da un antidoto molto potente. Una medicina che, di tanto in tanto, mi fa addirittura rivedere nello specchio ciò che ero. La mia medicina sono i miei amici, per quello che mi danno, e per quel poco che io riesco a dar loro. Essere ascoltati, ascoltare... trascorrere il tempo insieme e capire che sono capace, siamo capaci, di provare ancora delle belle sensazioni. In attesa che l'incubo finisca, perché, sono certo, dovrà finire.
Grazie.

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