Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

domenica 6 febbraio 2011

Ufficio? con le emozioni si può quando l'impresa è “affettiva”


Abbassare il livello di verticalità dei rapporti, chiamare i lavoratori a co-decidere e progettare insieme. Come fare affinché lo stato d’animo di chi lavora migliori la produttività aziendale. La via per fare diventare le organizzazioni più empatiche. Perché le emozioni non possono stare fuori dalle imprese. Il pedagogista Bruno Rossi nel nuovo libro “Lavoro e vita emotiva” spiega le ragioni e indica i modi in cui si può (e si deve) ricercare il benessere anche in azienda

di ERICA FERRARI Chi non ha mai visto sfumare un progetto importante a causa delle tensioni con i colleghi? Chi non ha mai avuto difficoltà a tenere fuori dall’ufficio un problema personale, una crisi familiare o un momento di malumore? Che sia difficile celare le proprie emozioni è cosa nota. Quel che non si sapeva è che, per lavorare bene, non è affatto necessario reprimerle. Bruno Rossi, professore di Pedagogia delle organizzazioni all’Università di Siena, è convinto che la vita professionale sia in gran parte basata su elementi irrazionali.
Convivenza e efficienza. Nel suo ultimo libro, “Lavoro e vita emotiva” (Franco Angeli Editore, pp. 224, euro 25), lo studioso spiega infatti che le organizzazioni lavorative sono inevitabilmente pervase dall’emotività delle persone che ne fanno parte. Non solo: lo stato d’animo di chi lavora ha un’influenza sostanziale sulla produttività aziendale. “La vita organizzativa è una vita emozionata ed emozionante - dice il professore - perché nel lavoro non solo ‘si fa’ ma ‘si sta’, si abita un contesto, con tutti i problemi di convivenza che possono riversarsi sull’efficacia e sull’efficienza della produttività”.
Insegnare le competenze socio-emotive. Se dell’emotività non si può fare a meno, è però possibile utilizzarla per ottenere vantaggi tali da incidere sia sulla carriera personale che sui risultati dell’azienda. Come? Rossi lo spiega a partire dal sottotitolo del libro, “La formazione affettiva delle organizzazioni”: “Ho elaborato delle proposte formative per far guadagnare al management e ai dipendenti le competenze socio-emotive finalizzate allo star bene - dice - e ho la convinzione che questo abbia una ricaduta anche a livello organizzativo sulla produttività aziendale”.
Leader emotivi e aziende viventi. Le prime indicazioni che Rossi offre per favorire il benessere in azienda sono a carico di chi ha più responsabilità: “Innanzitutto - spiega - il dirigente dovrà considerare i propri dipendenti non come una spesa o come uno strumento, ma come una risorsa: tra le competenze alle quali i lavoratori devono essere formati non ci sono solo i saperi ‘tecnici’, ma anche le abilità emotive e interpersonali, in particolare la capacità di saper modulare le proprie emozioni nel rapporto con gli altri”.
Se lo stesso dirigente dovrà trasformarsi in un “leader emotivo”, meno legato al proprio ruolo, più flessibile e disposto all’ascolto dei propri collaboratori, anche l’organizzazione aziendale dovrà essere riformulata: il passaggio, in questo caso è dall’“impresa-macchina” alla “living company”, intesa come una comunità dove le strategie di management includono anche etica, rispetto e regole morali.
Orizzontalità e partecipazione. Quando pensa a un modello d’impresa, Rossi cita i libri di Christian Boiron, presidente e amministratore delegato dell’omonima azienda di prodotti omeopatici. “Si tratta di abbassare il livello di verticalità dei rapporti, chiamare i lavoratori a co-decidere e progettare insieme, per quanto possibile, farli sentire importanti e affidare loro delle responsabilità - dice il professore -. Si tratta anche di spendere per loro, non facendoli sentire un costo ma una risorsa su cui investire”.
I frutti della continuità. In questa “impresa della felicità” anche i dipendenti dovranno fare la loro parte per rendersi emotivamente competenti alla vita aziendale. La formazione alla vita emotiva, precisa Rossi, “deve essere continuativa, non a spot”: bene allora le sessioni di team building e i corsi motivazionali, “ma bisogna prestare molta attenzione all’organismo di formazione a cui ci si rivolge, e diffidare soprattutto di chi porta in azienda pacchetti preconfezionati”, ammonisce lo studioso”. Che conclude: “C’è bisogno di una cultura della formazione, che in Italia non è molto diffusa”.
http://miojob.repubblica.it/notizie-e-servizi/notizie/dettaglio/ufficio-con-le-emozioni-si-pu-quando-l-impresa-affettiva/3910682

Nessun commento:

Posta un commento