Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

martedì 31 maggio 2011

L'obiettivo: riconquistare la vita

Piccole e grandi violenze quotidiane, dispetti, scorrettezze di ogni tipo. Tutte coordinate ed organizzate contro una persona, spesso sola, spesso incapace di difendersi, troppe volte colta di sorpresa ed impreparata ad una reazione. Pian piano ciò che è una parte essenziale della vita, il lavoro, viene avvelenata, scardinata in quelle certezze che si credevano granitiche. All'inizio si pensa che tutto possa scivolar via, ma pian piano questo fluido ammorbante del mobbing diventa più denso, penetra sotto la pelle, lentamente avvelena l'individuo, ne compromette la stabilità psicologica. Pian piano, come un vaso che trabocca, il veleno entra nella famiglia, ne distrugge la serenità, i sogni, i programmi futuri. Poi è la salute a lanciare l'allarme. Si vorrebbe farla finita, a volte.
Non deve andare a finire così. Non deve.
Non deve finire così perché quell'individuo non ha alcuna colpa. Noi non abbiamo alcuna colpa. La nostra responsabilità è stata solo quella di cercare di fare al meglio il nostro lavoro, di farlo onestamente, di voler vedere rispettati i nostri diritti fondamentali di lavoratori. Abbiamo forse la colpa di non essere stati dei volgari opportunisti, di credere che portarsi il lavoro a casa e sperare di innovare potesse essere fonte di merito, di pensare che mettersi a disposizione di tutti fosse un bene... e invece nasce il disappunto, serpeggia la gelosia, emerge l'invidia e poi l'odio.. e tutto il resto.
Allora è il caso di realizzare che bisogna reagire, porre un argine almeno.
Quando un vaso trabocca cosa facciamo? Prendiamo una spugna ed assorbiamo il liquido fuoriuscito, la strizziamo e continuiamo a pulire, ripristinando la situazione precedente.
E' quello che dobbiamo fare col mobbing. Dobbiamo impedire che invada la sfera privata, la famiglia, il tempo che dobbiamo dedicare ai nostri cari, ai nostri hobby, a noi stessi. Dobbiamo sforzarci di confinare i nostri dispiaceri in un cassetto di cui dobbiamo avere noi la chiave. Dobbiamo tenerli lì, isolati. Non devono diventare la nostra vita, la nostra vita è altro. Dobbiamo farli ammuffire, insieme alle persone che stanno dietro di loro. Dobbiamo riconquistare il nostro sacrosanto diritto alla felicità, godere delle gioie che ci dà la vita. Dobbiamo realizzare nella sfera privata le soddisfazioni che quella lavorativa ci nega. Questo ci porta inevitabilmente a stare meglio, a vivere meglio. Cominciamo a mettere questo come obiettivo prioritario della nostra vita.

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