Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

venerdì 19 luglio 2013

Impressioni di un Anonimo

Steve: alcuni commenti meritano di essere messi in evidenza.

"Non so come sono arrivato a questo punto, ma ci sono arrivato.
Probabilmente è colpa della mia educazione. È sicuramente colpa dei miei genitori che mi hanno educato nella regola “stai sempre dalla parte dei più deboli”.
Grave errore. L’ho scoperto qui. Almeno per due motivi:
1. I più forti faranno di tutto per spezzarti
2. I più deboli non è detto che siano anche i più buoni.
Il primo punto mi ha sempre stimolato. Lottare per ciò che è giusto mi è sempre piaciuto. Ho sempre cercato il potere nella ragione, ed avere ragione mi dava un senso di appagamento difficile da spiegare. Mai con cattiveria. Sempre nel completo Fair Play. Perdere in questo campo comporta sempre l’aver imparato qualcosa di nuovo. Imparare dai forti ti rende migliore.
Ma il secondo punto mi ha devastato. Sconvolge i tuoi orientamenti, sgretola i tuoi riferimenti e ti getta in pieno deserto. Non riesci più a fidarti di nessuno e ti chiedi: “dove ho sbagliato?”
Ecco da dove è iniziato. È iniziato il giorno in cui ho cominciato a lavorare “per l’azienda”.
E allora pensi che sei tu ad essere sbagliato, che anche se hai una laurea scientifica non è detto che i tuoi conti sono esatti. Che anche se l’azienda butta denaro dalla finestra, non sei tu che devi risparmiare. La politica prima di tutto.
E allora impari.. Prima devi corteggiare le persone importanti, essere simpatico ed invitarli a cena, parlare di auto e di calcio. Devi entrare nella lobby vincente. Devi entrare tra i forti. Ma poi, tu stesso, sarai abbastanza coraggioso da voler cambiare?
Nessuno vuole cambiare. Nessuno vuole lavorare in modo diverso. Nessuno è soddisfatto del proprio lavoro.
Ma tu non sei così. Ti viene il voltastomaco dopo pochi minuti che fingi interesse nella partita di coppa mentre qualche operaio sta morendo di amianto. Non riesci a chiudere gli occhi di fronte al marcio. E neanche la bocca purtroppo.
E magicamente il cambiamento arriva. Di Gattopardiana memoria, il cambiamento c’è, affinché nulla cambi.
E tutti cambiano atteggiamento nei tuoi confronti. Resti solo e accerchiato.
Il tuo lavoro subisce una trasformazione che fa rabbrividire. Il fare tanto in poco tempo si è tramutato in fare poco in tanto tempo. Non hai più contatti né con clienti né con fornitori. Ti trovi a creare presentazioni che poi forse qualcun altro andrà a presentare, altrimenti resteranno lì abbandonate.
E più sgomiti, più mostri la tua inquietudine claustrofobica e più loro capiscono che stanno facendo un ottimo lavoro.
E allora ti adatti. Fingi un sorriso di chi non ha nulla da temere ed impieghi il tuo tempo a fare quello che prima non sopportavi vedere fare agli altri: solitari, sbadigli, internet.
Ma stai fingendo e lo sai meglio di tutti gli altri. Diventi paranoico e pensi che tutti siano contro di te. Tra te e te urli al complotto.
Pensi non solo che sei inutile, ma che stai perdendo le tue qualità che avevi faticosamente appreso in anni di università e di lavoro matto e disperatissimo. Che ogni giorno passato qui dentro ti rovina il futuro e ti brucia una settimana di conoscenze pregresse. E quando avrai azzerato le tue capacità sarai finalmente conforme al sistema e pronto a lottare contro il nuovo ragazzetto che tenterà di fare quello in cui tu hai fallito. Perché “anche lui deve imparare come si sta al mondo!”
Disgustato te ne vai a casa con una pietra di fango sulla bocca dello stomaco. Trovi scuse per saltare il lavoro. Vai a donare il sangue per avere un giorno di lavoro in meno e perché, in fin dei conti, è meglio dare il sangue per uno sconosciuto che per l’azienda.
Ti senti sporco. Sai che stai facendo il furbo e che meriti il licenziamento. E pensi “poco male”, ma non voi arrenderti. Anche se volessi non riesci più ad adeguarti, né ad integrarti.
L’orgoglio si fonde alla depressione, il bipolarismo lavorativo coesiste in te. Un giorno pensi che non può durare in eterno, ed il giorno dopo ti disperi perché non vedi la fine del tunnel. Ma in entrambi i casi, solo tu ne uscirai profondamente cambiato. Purtroppo in peggio"