Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

mercoledì 22 maggio 2013

Oltre al danno, la beffa

La città in cui vivo non è piccolissima, ma neanche tanto grande: 25.000 abitanti. Non ci si conosce proprio tutti, ma io lo ero abbastanza per il lavoro che facevo, essendo a continuo contatto con la clientela.
Non avevo fatto i conti con "la gente". Il fatto di aver perso il lavoro non è passato inosservato: così in tanti si sono interrogati sui motivi. Ed ovviamente questo diventa un terreno fertilissimo per inventare storie e seminare sospetti.
Sono venuto a sapere di una voce che circola sul mio conto, e chissà da quanto tempo: io sarei stato "cacciato", per aver compiuto "operazioni illecite".
Al danno, dunque, si aggiunge anche la beffa, e fa molto male. Il mobbing che ho subito non è stato abbastanza, bisogna distruggermi non solo fisicamente, non solo economicamente, ma anche nella mia onorabilità, qualcosa che per una vita non era mai stata messa in discussione da nessuno.
"La gente" ovviamente non può sapere ciò che si consumava, ai miei danni, in quell'ufficio: e così il mio aguzzino passa per una persona rispettabile e stimata.

giovedì 16 maggio 2013

Da mobbizzati ad assassini

Oggi la tv ha dato la notizia di un duplice omicidio, avvenuto a Milano: un operaio ha ucciso i suoi datori di lavoro, da cui avrebbe subito delle vessazioni.
In un forum sul mobbing, ho trovato questo messaggio:
 
"Oggi mi sono trovata ad applaudire un omicida mentre ascoltavo il tg1: a Casate, zona Milano, un ex dipendente ha ucciso i suoi ex datori di lavoro dopo anni di vessazioni e dopo che il giorno prima gli hanno detto "Non farti vedere domani al lavoro" o qualcosa di simile.. Non mi capivo mentre applaudivo con grande soddisfazione; io che applaudo un assassino? io che sono quella che cerco di non mangiare carne per eliminare un pò di sofferenza e che è semmai troppo buona? ma niente, la mia persona andava avanti e dicevo "bravo hai fatto bene Almeno hai avuto giustizia subito, sicuro e senza penare ancora di più per averla" Non è vero, se si uccide ci si macchia anche di una colpa più grande perché si ha ucciso definitivamente ma applaudivo.. felice e soddisfatta. Cosa dovrei pensare?.."
 
Questa è stata la mia risposta:
 
"Ammetto di aver provato le tue stesse sensazioni. Se effettivamente l'assassino subiva quello che sappiamo, riusciamo a comprendere che era arrivato ad un punto in cui, l'alternativa, sarebbe stata il suicidio o la lenta morte per mobbing. Forse è stata una legittima difesa: ma finire in carcere non è che la degna conclusione di una vita da schiavo. Quindi non dobbiamo arrivare a questo, la sofferenza non può e non deve essere una giustificazione, perché noi siamo meglio di loro. Dovrebbe essere solo un buon motivo per cominciare a pensare ad una legge contro il mobbing, una legge seria e soprattutto concretamente applicata, che impedisca sia queste eclatanti tragedie, sia quelle più silenziose, che si consumano nella solitudine e nell'indifferenza generale."