Chi scrive ha una storia lavorativa che nasce nel 1996. Prima semplice collaboratore, poi impiegato, infine capoufficio in una piccola azienda.
Ma la mia esperienza lavorativa ormai è alle spalle, il mobbing che ho subìto ha avuto la conseguenza di farmi perdere il posto di lavoro, ed anche la salute.
Questo blog rappresenta soprattutto un diario, molto parziale, di ciò che mi è capitato.
In esso potrete trovare anche notizie interessanti, informazioni utili, consigli, ma nè questo blog nè altri possono sostituire il supporto di un avvocato specializzato in diritto del lavoro, oppure di uno psicologo. Il mio invito a quanti subiscono una situazione di disagio sul posto di lavoro è comunque quello innanzitutto di confrontarsi con altre persone che soffrono o hanno sofferto lo stesso problema: oggi lo si può fare molto facilmente anche attraverso Facebook, dove esistono - e sono purtroppo molto frequentati - gruppi che affrontano questa tematica.
Invito tutti i lettori a lasciare un commento, anche in forma anonima: più se ne parla, meglio è!

martedì 20 marzo 2012

Raccogliere le forze

Sto per iniziare la causa, dovrà decidere un giudice se quest’ultimo anno e mezzo trascorso nella sofferenza e nella malattia è un fatto che va punito, un danno che va risarcito, oppure è tutta una mia invenzione. Dover dimostrare ciò che di per sé è vero è una ulteriore prova che dovrò superare, perché dovrò rivivere tutte le vessazioni, i piccoli e grandi dispetti, le umiliazioni subite. E avrò io l’onere della prova. Un compito molto  arduo in una piccola azienda come quella che mi trovo a combattere, dove tutti coloro che lavoravano con me sono ora uniti e coesi contro di me. Dove l’unico modo per sconfiggermi consisterà inevitabilmente nel mentire. Già qualche tempo fa ho avuto un assaggio: in uno scambio di raccomandate col mio avvocato, il mio capo ha ammesso di avermi trasferito ad un’altra postazione di lavoro, ma per darmi una collocazione “più consona al mio ruolo”, a suo dire. Cioè io avrei dovuto, secondo lui, ringraziarlo, invece di lagnarmi, piuttosto che essere quasi morto in quelle lunghe giornate fatte di isolamento e silenzio. Fatte le debite proporzioni, è un po’ quello che avviene nelle violenze sessuali di gruppo, dove tutti negano, o tutt’al più affermano che la vittima era in realtà perfettamente consenziente. La vittima invece rimane sola con la violenza subita, col rischio di non essere creduta. La solidarietà c'è, ma si avverte più fra gli estranei che fra coloro che in qualche modo conoscono i fatti direttamente. Fra questi è più frequente l'atteggiamento di chi vuol lavarsi le mani, invece che quello di voler dare il proprio contributo in favore della legalità e della verità.
Io ho fiducia nella giustizia, e per quanto sia consapevole che la giustizia possa sbagliare, sono tuttavia convinto che l’ingiustizia vada combattuta, che le scorrettezze vadano denunciate, che chi infrange la legge e non rispetta le persone debba essere colpito. Non so se ci riuscirò, ma è l’unica cosa da fare nei confronti di chi, invece di giustificare il proprio operato, oppure cercare di trovare una soluzione condivisa, preferisce rifugiarsi nella menzogna per difendersi. Non si possono stringere patti con persone come queste.
Raccolgo le mie forze, vado avanti.